Il mio blog

Consenso e stupro, quale confine

Per sapere qualcosa in più sul valore del consenso nei casi di violenza sessuale, puoi ascoltare (e ascoltarmi) nella puntata di “Connessi”, la trasmissione di Chiara Piotto, andata in onda su Sky Tg24 il 22 dicembre 2024, cliccando nell’immagine qui sopra.

Rompiamo il silenzio

24/11/2024
Ogni occasione è importante per parlare di violenza di genere e sostenere chi lo fa.
In questo caso ho introdotto volentieri uno spettacolo teatrale promosso da UVI (Unione Volontari per l’Infanzia e l’Adolescenza).

Discriminazioni e violenze sui luoghi di lavoro

Discriminazioni, molestie e violenza si possono verificare anche nel luogo di lavoro. Farle emergere e combatterle si può.
Ho parlato di quello che le aziende possono fare all’evento di ANIA a Milano (ottobre 2024).

Un documentario su Sky dedicato alla violenza

Ho avuto il piacere di partecipare al documentario “Ritratto familiare”, diretto da Tommaso Frangini e a cura di Roberta Giuili. Il doc si può vedere su Sky Tg24 e Sky On Demand.

La mia intervista su Story Time

Per ascoltare la mia intervista in radio clicca qui sotto

Rassegna stampa

Il Giorno del 24 ottobre 2024

La Repubblica del 24 ottobre 2024

Un docente della Civica scuola di musica Claudio Abbado di Milano e un altro musicista sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di violenza sessuale di gruppo: secondo la denuncia di una ex studentessa, passata al vaglio e accolta dalla gup Anna Magelli, i due l’avrebbero violentata al termine di una cena avvenuta lo scorso anno, quando la ragazza frequentava la scuola.

Si tratta – come riporta Il Giorno che dà notizia del rinvio a giudizio – di un docente della scuola e affermato musicista e di un suo amico, che vive all’estero ma che un anno fa, all’epoca dei fatti, frequentava la scuola. Il docente, nato a sua volta all’estero ma con una lunga formazione professionale in Italia, insegna in diverse scuole e ha tenuto concerti in luoghi prestigiosi.

La prima udienza del processo è stata fissata per il prossimo 22 gennaio, in base alla procedura d’urgenza stabilita dal protocollo del Codice rosso che dà priorità ai reati sessuali. La studentessa, assistita dall’avvocata Francesca Negri, si è costituita parte civile. A chiedere il proscioglimento dei due uomini durante l’udienza preliminare i difensori dei due indagati, gli avvocati Filippo Castellaneta e Vittorio Supino, che assicurano “l’innocenza e la totale estraneità alle accuse contestate”, come spiega Il Giorno.

Con una nota è intervenuta la Civica scuola di via Stilicone, una delle scuole gestite dalla Fondazione Milano che fanno parte dell’offerta di alta formazione del Comune di Milano. “La scuola è totalmente estranea ai fatti – spiega la Abbado – e l’episodio al centro del procedimento non è mai stato segnalato ai nostri organismi e alla direzione”. Ma, per quanto la cena al centro della presunta violenza sia avvenuta in un appartamento privato, non si esclude che la direzione prenda alla luce del rinvio a giudizio provvedimenti nei confronti del docente, che nel frattempo ha continuato a insegnare in un’altra delle Civiche.

Clinica legale dell’Università degli Studi di Milano

Di seguito il link al sito della “clinica legale” della facoltà di Giurisprudenza (Diritto penale) dell’Università degli studi di Milano. All’interno molti approfondimenti su argomenti giuridici attuali e aggiornamenti su vari progetti innovativi e interessanti.

Clinica legale

Incontri per la promozione dei diritti umani

Soroptimist Bergamo, aprile 2024.

Lezioni in Università

Intervento all’Università Statale di Milano sul ruolo del diritto penale nel contrasto alla violenza di genere, 5 e 12 aprile 2024

Alcuni dei miei interventi sui giornali

Inchiesta pubblicata da Style Magazine del Corriere della Sera, novembre 2023.
Intervistata da Valentina Ravizza.

Rassegna stampa

Repubblica, edizione Milano, venerdì 22 settembre 2023.
Intervistata da Sandro De Riccardis.

Perché non hai reagito?

La spiegazione scientifica su quello che accade nel cervello delle vittime di stupro nel video qui sotto (basta cliccare sull’immagine).

Un mio contributo andato in onda al Tg3 nel 2022

Dal minuto 1’21”, basta cliccare sull’immagine qui sotto.

La strage delle donne. Basta sottovalutare

Che cos’è violenza e dove chiedere aiuto

Ho contribuito a realizzare questo video per aiutare a riconoscere la violenza, e quindi a chiedere aiuto, insieme a SVSDAD, SVSeD, CIPM e Mamme a scuola.

Violenza di genere: quattro buone notizie

Dal legislatore alla Corte Costituzionale, passando per la Suprema Corte di Cassazione, importanti passi avanti.

Negli ultimi mesi, molte sono state le novità legislative e giurisprudenziali nella lotta alla violenza di genere, segno di una sempre maggiore attenzione al tema e, si auspica, volontà di vincerla.

In particolare:

  • il 12 gennaio 2021 è stata approvata la ratifica della Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019. La normativa, che riconosce tali comportamenti come violazione dei diritti umani, prevede strumenti di tutela, di denuncia, di prevenzione per le molestie e le violenze sui luoghi di lavoro. Fa anche espressamente riferimento alle violenze e alle molestie fondate sul genere, riconoscendo quindi che le donne ne sono particolarmente esposte
  • la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 1 dell’11 gennaio 2021, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76, comma 4-ter, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui determina l’automatica ammissione al patrocinio a spese dello Stato della persona offesa dai reati indicati nella norma medesima (fra i quali violenza sessuale, maltrattamenti e stalking)
  • la Corte di Cassazione, sezione V penale, con la sentenza n. 34504/20 (depositata il 3.12.20) ha ritenuto corretta l’applicazione della pena accessoria della sospensione della potestà genitoriale, ex art. 34 secondo comma c.p., in un caso di “violenza assistita” (quella particolare forma di violenza che si verifica nel caso in cui i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno dei figli minori, ma li coinvolgano indirettamente, come involontari spettatori delle liti tra i genitori che si svolgono all’interno delle mura domestiche). Il Collegio ha precisato, infatti, che nella categoria dei reati commessi con abuso della responsabilità genitoriale, ai sensi del secondo comma dell’art. 34 c.p., possa essere inserita anche tale tipologia di violenza (art. 572, II comma c.p.)
  • le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27326/2020 (depositata l’1.10.20), hanno risolto il contrasto interpretativo sul concetto di abuso di autorità di cui all’art. 609 bis c.p. (violenza sessuale), stabilendo che esso presuppone una posizione di preminenza anche di fatto e di natura privata (e non solo una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistica) che l’agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere/subire atti sessuali.

Lockdown e denunce

Sul sito “Culture Globalist” sono stata intervistata a proposito dell’aumento dei casi di violenza durante la pandemia. Potete leggere l’articolo cliccando qui.

I miei interventi: “Sette” del 15 gennaio 2021

Revenge porn nel podcast Corriere Daily

L’8 dicembre 2020 ho partecipato a Corriere Daily, il podcast quotidiano del Corriere della Sera, con un intervento per parlare soprattutto di prevenzione e di una nuova cultura da creare. Se volete ascoltare, mettete le cuffie e cliccate qui.

Child grooming: quale reato per chi adesca, anche in rete, un minorenne?

Una recentissima sentenza della Suprema Corte chiarisce alcuni aspetti

L’espressione anglosassone child grooming si riferisce alla pratica di adescamento di un minorenne, tramite tecniche psicologiche volte a superarne le resistenze e ottenerne la fiducia, per conseguire un determinato scopo.

Il termine viene poi generalmente usato anche per descrivere quella condotta, sanzionata dall’ordinamento giuridico, con la quale un individuo manipola minorenni per scopi illeciti, consistenti, nella maggioranza dei casi, in abusi sessuali.

Nel nostro ordinamento il fenomeno descritto è riconducibile al reato di cui all’art. 609 undecies c.p., introdotto nel codice penale con la legge del 1.10.2012, n. 172 (solo quando le vittime siano minori dei sedici anni) e la pena è quella della reclusione da uno a tre anni.

Questa disposizione penale punisce, infatti, chiunque adesca un minore di sedici anni, allo scopo di commettere alcuni reati specificamente elencati (fra i quali anche la violenza sessuale, la prostituzione o la pornografia minorile). Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore, attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione.

Il caso di cui si è occupata la Suprema Corte lo scorso 8 settembre 2020 nella sentenza n. 25266 riguarda una persona che aveva indotto la vittima minorenne ad uno scambio di foto erotiche e l’aveva costretta a ricevere e inviare messaggi con contenuto sessuale, sotto la minaccia di divulgare in pubblico le chat. I Giudici hanno ritenuto, però, corretta la contestazione del più grave reato di violenza sessuale, in quanto, pur in assenza di contatto fisico con la vittima, si è trattato di atti sessuali coinvolgenti la corporeità sessuale della persona offesa, finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare l’istinto sessuale dell’imputato.

Clinica legale: un corso innovativo alla Statale di Milano

Per il secondo anno consecutivo ho avuto il piacere di partecipare, in qualità di collaboratrice all’attività didattica, al corso di Clinica legale di giustizia penale dell’Università Statale di Milano, con la professoressa Angela Della Bella, docente di Diritto penale in Statale.

Il modello è quello di “learning by doing”, ovvero imparare sul campo, attraverso la condivisione di un caso con gli studenti. L’obiettivo, raggiunto con soddisfazione, è stato sia di tipo didattico, per sviluppare le capacità degli studenti nell’affrontare i problemi giuridici e trovare una soluzione, sia di tipo sociale, per responsabilizzarli e avvicinarli anche a temi sensibili che, nel mio caso, hanno riguardato una parte importante della mia attività professionale, la tutela delle vittime di violenza.

Stalking condominiale: si può imporre allo stalker di abbandonare la propria abitazione per tutelare la vittima?

La Corte di Cassazione

Sono ormai molte le forme attraverso le quali il reato di stalking, cioè l’attività persecutoria nei confronti di una persona, trova applicazione e riconoscimento giuridico.

Anche in questo ambito, infatti, non si parla più soltanto di stalking fra soggetti che hanno avuto una relazione affettiva e sentimentale, ma anche di stalking condominiale, appunto, che si verifica ogniqualvolta una persona perseguita, molesta ripetutamente un vicino di casa, al punto da causargli un “grave e perdurante” stato di ansia oppure il timore per la propria incolumità (“o per quella dei prossimi congiunti”) oppure un cambiamento delle proprie abitudini di vita.

Ora, poiché il nostro ordinamento prevede che i giudici penali possano adottare delle misure restrittive per la tutela della vittima, come quella, per esempio, del divieto di avvicinamento dello stalker entro una certa distanza, nel caso dei vicini di casa – con abitazioni attigue o molto vicine – si può verificare un problema. Imporre allo stalker di rimanere a 50 metri di distanza dalla vittima, come accaduto in un caso sottoposto recentemente all’esame della Suprema Corte, potrebbe infatti significare, in sostanza, vietargli di continuare ad abitare nel suo appartamento.

Nella sentenza depositata lo scorso 27 gennaio (n. 3240/2020, sezione V), la Cassazione ha dato una risposta negativa alla domanda che è nel titolo di questo post, lasciando tuttavia aperta la strada per una soluzione che non trascuri le esigenze di protezione della vittima.

La Corte ha stabilito che, come disciplina l’art. 277 c.p.p., le modalità esecutive di una qualsiasi misura restrittiva devono salvaguardare i diritti della persona che vi sia sottoposta (il cui esercizio non risulti incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto).

Ha poi precisato che, secondo quanto stabilito dall’art. 282 ter c.p.p., quando un certo luogo sia precluso alla persona sottoposta a misura (perché appunto frequentato dalla vittima) ma egli abbia la necessità di accedervi per ragioni lavorative o abitative, il divieto di avvicinamento alla persona offesa non può determinare tout court il venire meno del suo diritto di dimorare lì dove abbia fissato la propria abitazione: “per l’esercizio di quel diritto potranno stabilirsi prescrizioni determinate ed eventuali limiti (ed è su tale punto che va disposto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata) ma non se ne potrà sancire – se non per effetto dell’applicazione di diverse misure, per le quali il PM dovrà aver proposto rituale istanza – la completa elisione”, ha affermato la Corte.

29 febbraio 2020

Violenza contro le donne: ma in Italia a che punto siamo?

Il 13 gennaio 2020 è stato pubblicato il Primo Rapporto sull’attuazione in Italia della Convenzione di Istanbul (la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), redatto da parte del Gruppo di Esperti, denominato Grevio (Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence), che aveva l’incarico di vigilare, appunto, sull’applicazione della Convenzione in Italia.

Il testo, frutto dell’attività di monitoraggio nel corso dell’anno 2019, è in inglese e si può trovare a questo link.

In sintesi, si può affermare che le conclusioni del Grevio riconoscono che l’Italia ha adottato numerose misure che hanno accolto e concretizzato molte delle disposizioni contenute nella Convenzione di Istanbul: sono state approvate, in particolare, riforme legislative per rinforzare il potere delle Autorità nel realizzare iniziative concrete per fermare la violenza. Alcune particolarmente innovative, come la legge del 2009 sullo stalking, e la legge n. 119 del 2013 contenente una serie di norme a supporto delle vittime della violenza, fino alla più recente normativa, chiamata “Codice rosso”, che incrementa la protezione delle stesse vittime.

Il rapporto, tuttavia, ha anche individuato una serie di aree nelle quali le misure non raggiungono i risultati sperati, registrando, anzi, segnali preoccupanti di un’erosione dei successi raggiunti che potrebbe compromettere la capacità dell’Italia di sostenere pienamente gli standard della Convenzione di Istanbul.

Un’area critica particolarmente importante è quella dell’affido dei minori. Il Grevio ha affermato che l’Italia deve dare attuazione all’art. 31 della Convenzione di Istanbul, e quindi adottare tutte le misure necessarie, comprese quelle di natura legislativa, per assicurare che i Giudici, quando decidono sull’affido dei minori e sui diritti di visita, prendano in considerazione i problemi connessi alla violenza contro le donne e valutino se questa violenza ne giustifichi la limitazione.

Il Grevio, pertanto, nelle sue conclusioni richiama l’importanza per le Autorità di persistere nei loro sforzi per promuovere e incoraggiare una cultura che intenda la violenza di genere e quella contro le donne come violazione dei diritti umani e come un tipo di violenza che sproporzionatamente colpisce le donne in quanto donne.

17 febbraio 2020

Le chat pericolose

Molto ha fatto discutere – qualche tempo fa – l’inquietante vicenda legata alle chat a contenuto pedopornografico, alle quali partecipavano molti ragazzi, alcuni anche minorenni.
Può, quindi, essere utile cercare di fare un po’ di chiarezza su quello che prevede la nostra legislazione sul tema.
Intanto, va detto che tutti questi ragazzi rischiano un processo penale e una conseguente sanzione detentiva. Ma cosa fa scattare il reato?

Il nostro ordinamento è molto severo e prevede pene diverse a seconda dei vari comportamenti, naturalmente. Vengono puniti, per esempio, non solo la produzione e il commercio di materiale pornografico con minori di anni diciotto ma anche la distribuzione, la divulgazione, la diffusione con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, di questo materiale, nonché la sua offerta o cessione ad altri (art. 600 ter c.p.). E’ punita penalmente anche la semplice detenzione di questo materiale (art. 600 quater c.p.). Inoltre, è penalmente sanzionata l’istigazione o l’apologia di reati di pedopornografia (art. 414 bis c.p.).

Quindi, per esempio, la condivisione di file tramite chat o social network potrebbe rientrare nel reato di cessione o offerta gratuita di materiale pedopornografico, oppure in quello ancora più grave di divulgazione di questo materiale (per esempio se si condividono archivi o documenti contenenti foto pedopornografiche).
Mettere solo un like su FB a un filmato pedopornografico, senza condividerlo, potrebbe rientrare nell’istigazione o apologia di reato di pedopornografia.
Se si scaricano dei file con contenuto pedopornografico, si può essere dichiarati responsabili del reato di detenzione di tale materiale, anche se poi si cancellano.

Nell’attuale contesto normativo, merita attenzione, poi, il nuovo reato di “revenge porn” introdotto dalla legge “codice rosso”, cioè la condivisione pubblica di immagini o video intimi senza il consenso della persona rappresentata (fenomeno molto diffuso oggi anche fra i ragazzini che, per esempio, si “vendicano” della propria ex fidanzata pubblicando i video intimi girati all’epoca con il consenso della ragazza).

Come si intuisce la materia è piuttosto complessa e le norme del nostro ordinamento, che appaiono sufficientemente articolate, devono tuttavia sempre essere attentamente interpretate e applicate dalla giurisprudenza in modo da farvi rientrare tutti i casi che l’evoluzione informatica ci sottopone, senza però violare i principi basici del nostro ordinamento penale.

Di questo ho parlato qualche tempo fa con Vanity Fair insieme allo psicoterapeuta Matteo Lancini.

L’intervista su Vanity Fair del 30 ottobre 2019

La legge “codice rosso

La legge cosiddetta “codice rosso” è la numero 69 del 19 luglio 2019, entrata in vigore il 9 agosto 2019. Ha introdotto importanti novità al codice di procedura penale e al codice penale e ha aggiunto altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. A mio parere, le più significative sono, schematicamente e sinteticamente, le seguenti:

  • obbligo per la Polizia Giudiziaria che acquisisce la notizia di uno dei reati tipicamente espressione della violenza di genere -e tassativamente indicati dalla legge- di darne immediatamente comunicazione al PM (cfr. nuovo comma 3 dell’art. 347 c.p.p., come modificato dalla legge), anche in forma orale;
  • obbligo per la Procura di assumere informazioni dalla persona offesa entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa;
  • procedibilità per il reato di violenza sessuale: non più sei ma dodici mesi;
  • aumento delle pene per i reati di cui agli artt. 572 c.p., 612 bis c.p., 609 bis c.p.;
  • riconoscimento della violenza assistita nell’ambito del reato di maltrattamenti, considerando esplicitamente il minore che assiste agli stessi persona offesa dal reato e prevedendo per tale violenza un aumento della pena per il reo;
  • introduzione di un presupposto per poter beneficiare della sospensione condizionale della pena, nei casi di condanna per i reati espressione della violenza di genere e tassativamente indicati dall’art. 6 della legge: quello di partecipare (da parte del condannato e a sue spese) a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati;
  • introduzione di nuove fattispecie di reato: costrizione o induzione al matrimonio, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (revenge porn), deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;
  • obbligo di immediata comunicazione alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore della scarcerazione del condannato per i reati espressione della violenza di genere elencati nell’art. 15 della legge.

Sulla stampa / 2. La giornata sulla violenza contro le donne

L’intervista su la Repubblica – Milano del 25 novembre 2016

Sulla stampa / 1. A proposito di contraffazione

Intervista su la Repubblica – Milano del 21 novembre 2013

L’Ambrogino d’oro all’SVS-DAD nel 2009

È stato un onore e una grande soddisfazione ritirare personalmente, insieme all’allora meravigliosa presidente di SVS-DAD Mariella Onado, l’onorificenza cittadina, conferita con questa motivazione:

Un centro di riferimento per le donne vittime di violenza, una luce accesa nella città: l’associazione non è solo un approdo ma, soprattutto, un punto di partenza per una nuova vita. Grazie al lavoro instancabile e alla sensibilità delle volontarie, molte donne hanno potuto superare soprusi e dolori guardando con fiducia a una rinnovata esistenza.